Liberi Liberi siamo noi, però liberi da che cosa?

Liberi Liberi siamo noi, però liberi da che cosa?

Pochi giorni fa mi sono imbattuta in una frase che ogni tanto continua a tagliarmi la strada.
Come un gatto nero.
Tu sei lì che guidi tranquillo sognando il piatto di spaghetti che ti aspetta per pranzo, o il tofu alla piastra per essere più contemporanei e la bestia ti passa davanti incauta e spavalda.
Non sa quali effetti catastrofici può scatenare nella psiche del guidatore: tiri dritto come se non l'avessi visto? cambi strada e speri di non esserti avvicinato troppo? lo stiri con la macchina? Lo stiri non lo potevo dire, non è politicamente corretto. L'ho detto a mia insaputa.

Sta di fatto che davanti alla frase-gatto nero io non ho fermato la guida ma ho preso la tangenziale delle mie riflessioni.
Perchè mi ha richiamato alla mente una domanda che mi viene rivolta spesso, dai curiosi di psicologia.
Qual'è il disturbo piu diffuso? Di cosa soffrono la maggioranza delle persone che vengono da te?

Io lo so che si aspettano una bella categoria diagnostica: potrei buttarmi sul classico e sempreverde disturbo d'ansia o giocare alla psicologa à la page che ti snocciola un Disposofobia!

E ora di corsa su Wikipedia per controllare se ne soffrite!

Solo che a me le etichette non piacciono molto e le uso solo per motivi istituzionali, cioè quando una diagnosi mi vien chiesta su carta intestata. In tutti gli altri casi l'etichetta non serve a dare un nome alla sofferenza; il nome è ciò che rende unico, l'etichetta invece inscatola, cataloga, rende tutti uguali.

Ma se alla domanda devo dare una risposta autentica allora non ho dubbi, il male del secolo è... (suspence)

The winner is: la paura delle responsabilità.

Ma come, così banale? Eh sì.
Purtroppo tutto comincia da lì, che per non prenderti la responsabilità di sbagliare non fai le scelte che vorresti fare. Che per non sentirti in colpa non ti prendi la responsabilità di dire no quando serve. Che per non avere la responsabilità di guidare la tua vita verso una meta decidi di fermarti al semaforo e resti fermo. Rosso-verde-giallo-rosso-verde...non parti più, aspetti che qualcuno prenda il volante e sia responsabile al posto tuo.
Ogni tanto qualcuno passa e ti chiede che ci fai fermo al verde e tu rispondi "è che tanto sta per venire rosso, non è il momento di partire".

La frase incriminata? Va bene ve la dico e poi chinate il capo e fate ammenda se l'avete detta.

Non so neanche cosa mangerò domani.

Sembra una frase carica di libertà, vero? L'Easy Rider dei fornelli può decidere al momento cosa vuole e cosa non vuole senza vincoli e senza legami.
Come se fosse vero, come se non decidere oggi non avesse un prezzo domani!
Guardiamo in faccia la realtà: se non fai la spesa oggi domani in frigo non ci sarà nulla. Se decidi troppo tardi troverai anche i ristoranti chiusi, o con la cucina che sta per chiudere e ti chiedono se ti accontenti di un piatto freddo. Se poi sei ti trovi Alto Adige non stare neanche a chiedere, fidati, se arrivi tardi ti guardano peggio che se avessi lasciato tuo figlio in auto sotto il sole.
Se non hai il coraggio di scegliere oggi, domani mangerai quello che c'è, o peggio quel che qualcun altro ha preparato per te.

E poi puoi passare la vita a lamentarti che il cibo non ti piaceva ma ormai l'hai mandato giù.

Perchè la vera libertà è decidere oggi cosa mangerai domani, decidere cosa vuoi oggi e accollarti la responsabilità di cambiare idea domani.

O sei coraggioso o ti ammali. Una scelta la fai comunque.

In fondo al mar...

In fondo al mar...

Spesso mi chiedono se sia faticoso ascoltare il dolore degli altri.

Come sia possibile entrare nelle sabbie mobili e non farsi risucchiare.

E' una reazione comune fuggire dal dolore.

Penso quante volte ho visto la scena...

"Hey ciao come va?- Uhm, sai non è un bel periodo.- Dai tieni duro, passerà!"

C'è anche di peggio, la variante "Nooo, ma tu sei una persona forte!" sottinteso: quindi non hai bisogno che io faccia qualcosa per te.

Tocchi proprio il fondo quando incontri un narcisista: "Ah non me lo dire, sapessi io quanti problemi ho!"

So che alcune persone arrivano da me semplicemente perchè non trovano nessuno che risponde semplicemente "mi dispiace, cosa ti succede?"

Non basta, certo, ma chi ben comincia...

Poi è sicuro che per andare in profondità serve il brevetto da sub e se non l'avete non vi consiglierei mai di calarvi negli abissi.

Posso però raccontarvi che quando mi calo con muta, maschera e boccaglio da psicoterapeuta vedo a volte paesaggi desolati, ma spesso trovo Atlandide!

Oggi per esempio è stato uno di quegli incontri meravigliosi.

Seduta dall'altra parte della scrivania, ha solo 15 anni, lunghi capelli rossi, molto bella e piange tanto.

Piange e mi chiede perchè succede proprio a lei di essere così sfortunata?

La sfortuna di capelli rossi è di sentire un'angoscia che non si sa spiegare.

Non provate ad immaginare traumi infantili, genitori assenti e incontri con l'Uomo Nero.

Già vi vedo con la lente e l'impermeabile da detective! Niente, non ce n'è!

E non pensate sia facile sentire un dolore che non ha nome! Tu non ti capisci, gli altri non ti capiscono, finisci per sembrare solo una bambina capricciosa. E allora decidi di stare zitta e mettere la maschera della felicità, finché scoppi.

 

Mentre Anna si raccontava (non si chiama Anna, ma ero bambina negli anni '80 e ovviamente guardavo i cartoni animati all'epoca) mi é balenata in mente l'immagine di un film, solo un flash!

Poteva essere una versione di Superman o qualcuno dei suoi colleghi, non so, ma ricordo bene la scena del supereroe in erba, piegato in due con la testa tra le mani, che viene investito dalle voci di tutto il mondo.

Non sa ancora gestire il superudito e ha la sensazione che la testa stia per scoppiare!

La giovane Anna come una novella ClarK Kent sente tutto a volume alto, non le voci, le emozioni! Ha un grande dono, la supersensibilità.

Ora lo vive come un gene anomalo e si sente fragile. Lo è!

Il senso del nostro viaggio insieme sarà far diventare quella fragilità il suo punto di forza.

Mi piace pensare al mio studio come una palestra per umani e fragili supereroi.

Per concludere, se penso alla parte faticosa del mio mestiere, non è farsi carico del dolore degli altri.

E' collocare il dolore nel quadro! Non scordare il dettaglio ma neanche perdere di vista il paesaggio d'insieme.

La parte più faticosa è la più bella, come in molti sentieri di montagna.

Vi lascio ad ammirare il quadro di Hieronymus Bosch che mi ha ispirato oggi.

Qualcuno mi ha detto che sono visiva, meno male non visionaria!

c'è chi dice no

c'è chi dice no

Ascoltavo ieri distrattamente il telegiornale.

Ascoltare distrattamente aiuta a non caricarsi troppo del peso delle brutte notizie.

Puoi dire di avere la coscienza a posto: ti sei aggiornato sull'attualità e puoi lasciarla fluire.

Ma una notizia ha sbarrato il mio flusso di coscienza. A volte ci sono le notizie-diga.

Era tragica ma non da prima pagina. Una di quelle che arrivano a metà telegiornale, quel qualcosa che poteva succedere a chiunque, un parente, un vicino di casa, all'amico di tuo figlio. Ma che pensi, per fortuna non succederà!

Se sei in un buon momento. Altrimenti puoi cominciare a temere che capiterà proprio a te ma questo è un altro argomento.

L'avrete ascoltata anche voi. Un povero ragazzino è caduto da un balcone o qualcosa di simile. Saltava da palazzo all'altro.

Pare sia un nuovo sport, il Parkour.

Ora, io sul fatto che sia uno sport non ho nulla da ridire. Esiste la caccia, esiste la pesca, esiste il pugilato, allora perchè non può esistere il parkour?

A me ha colpito solo un inciso piccolo piccolo, una frase buttata lì a conclusione del servizio: i genitori dicono "sapevamo cosa faceva, non eravavamo contenti ma ad un ragazzo di 16 anni non si può vietare tutto!"

Non so se l'abbiano detto davvero, in quali termini e quale contesto.

Poveri genitori presi dal vortice del dolore e pure dei giornalisti, non è il momento per loro di riflettere sull'essere genitore.

Ma per noi sì.

Perchè nel mio lavoro genitori che hanno abdicato ne incontro diversi.

Genitori che hanno paura di dire troppi No! e non si accorgono di dire sempre Sì o peggio di non dire nulla: fai tu!

Bambini che si ritrovano a fare i genitori di sè stessi e sbagliano. Ovvio! E' difficile fare i genitori da adulti figuriamoci da bambini!

Non si può dire sempre No! ad un bambino o adolescente, concordo.

Ma almeno quando salti dai tetti ti dico No!

Se credo che sia sbagliato, pericoloso o semplicemente non in linea con i miei principi posso e devo dirti No!

Almeno per darti il gusto di farlo di nascosto.

per farti sapere che una regola c'è, un genitore c'è, una balaustra sul terrazzo c'è!

I No! dei genitori sono come gli ostacoli lungo il percorso: alcuni si saltano, altri si aggirano, qualche volta devi proprio arrenderti e cambiare strada; è giusto imparare anche questo.

Il mondo è pieno di ostacoli già a livello del terreno.

Se non lo livelliamo troppo eliminando tutti i No! forse gli adolescenti non dovranno salire fin sopra i tetti per cercarli.

E voi cosa ne pensate?

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